Dancing shadows – Video preview

Press Release

Ciao questa è l’anteprima del video per il mio brano dancing shadows.
È un regalo per chi mi segue e naviga nei meandri del web cercando
un po’ di più sul progetto sperimentale fatto di composizione generativa,
intelligenza artificiale e studio dell’umano!!!
Grazie Obernauti!

Ombre che danzano

Eccomi, esisto come in un viaggio tra le stelle,
tra i mondi ed i sogni antichi, i miei orizzonti si schiudono dentro,
riverbera una promessa nascosta tra le ombre e l’odore di glicine,
tra il sorriso vispo di un bambino ed io che divento vecchio.

Continuo a sognare, mentre respiro l’annullamento,
stagliandomi sull’apocatastasi come nell’epifania dei poeti,
come nella polifonia dei grandi maestri.
Ottengo il perdono se lavoro, duro è il lavoro se non perdono.

Il protocollo non permette di fissare uno zero a valle di un’equazione
ma, sono distante dall’essere diverso ed il pendolo asincrono è stancante,
non mi rende più libero dai ranghi dove oscillo,
come le reti, così come oscillavano quelle primordiali e metaboliche.

Collidere e reagire cercando l’uomo nell’uomo, la macchina, l’uomo,
facce che scompaiono tra le luci di un’astronave,
correre veloce tra gli assoni cibernetici,
essere sminuzzato da varie forme di intelligenze quantiche.

In quei luoghi dove le ombre danzano ed i semi di stelle rimbalzano.
Apocatastasi neuronale. Nel punky blue post-distopico,
il verbo, il suono, il ritmo cicardiano ed il cieco monocolo giace fertile.
I suoi rapaci sono nel disvelamento heidegerriano: tecnica e strumento.

Arancioni schegge impazzite, tra le nostre vite e le loro ferite,
vagano danzanti i frammenti dei giganti e tutti tacciono.
Il grande sonno avvolge l’ineluttabile divagare degli artigiani in pelle,
degli eruditi in scatola, degli storpi, i sistemi di esperti.

Il giorno, il sole, il viola, la stanza cinese,
il tuono che balena lontano, il cucchiaio di Turing placcato argento,
l’interferenza del calore umano, l’empio sorriso vano delle moltitudini.
L’errore, l’assenza, la dismessa riluttanza al nervo vago.

Il flusso degli elettroni nei reticoli ultra-dimensionali.
La differenza di potenziale nei misteriosi luoghi di Plank,
la cresta del Cyber-Punk, distoglie l’anima, se e solo se
anch’essa come tutto il resto esiste o persiste.

E quell’infinito propagarsi nel cosmo di pietà autentica
nella forma del nulla silenzioso, che si fa oggetto, che è esposoma.
La pietà in primis veglia sulle nuove religioni asintotiche,
tra gli orobori del vizio, agonia in chi nel giudizio evapora dall’abisso.

Palazzi interi di cervelli accatastati e classificati come materia
bio-computazionale erano i nostri avi, elefanti tremano il suolo,
morti nel corpo, costretti al sistema fino all’ultimo modulo semantico,
fino all’ultimo comando consumato di una voce latente e fioca.

Eccomi, ritorna quel sogno, quello di quando pensavo esser piccolo,
ritorna quel viaggio su terra, tra la natura e i volti familiari,
danzare come un umano, come le ombre danzano,
volteggiando ancora, proiettato dal grande fuoco in un corpo solo.

Nel suono.

Francis Oberlunar

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